All’improvviso, Matteo Renzi
by Lorenzo Piccoli
Ieri sono andato a sentire Matteo Renzi qui a Trento.
Devo dirlo subito: io di Renzi non riesco proprio a fidarmi. E’ un politico smisuratamente narcisista. Non si tratta di ambizione, o del desiderio di essere rispettati. Queste caratteristiche sono comuni a tutti i politici, altrimenti non sarebbero tali. No, quello che muove Renzi é la voglia di essere una star. Potremmo dire che Renzi, a differenza di D’Alema, Bersani, Fini, o Maroni, tanto per dire, non é innamorato solo del potere (perché comandare é meglio di fottere, ci ricordava sempre il nostro professore Poggi). Renzi é soprattutto innamorato di sé stesso.
I suoi comizi politici, poi, sono una cosa terribilmente pop. Passi l’assenza di dibattito – il comizio é impostato in maniera totalmente frontale, non vi é confronto, tutto segue la scaletta -, passino i video con Obama e Gorbachov, passi perfino Bono, ma se poi nei mi metti Roberto Baggio sullo stesso livello di Crozza e della Littizzetto, allora non ci siamo proprio. Insomma, Renzi fa della politica uno show. Il che, intendiamoci, non é necessariamente un male; ma forse anche sì.
In questi due elementi, nella personificazione e nell’iper-semplificazione del messaggio, trovo che Renzi ricalchi l’approccio alla comunicazione politica del triste modello Berlusconi. Ecco perché non mi fido. Detto questo, va dato atto a Renzi di aver riempito i teatri di persone giovani, donne, ragazzi. Al Partito Democratico serve proprio una persona capace di comunicare, soprattutto con quelle persone che la politica la seguono in maniera piuttosto distratta. Dipendesse da me, io Matteo Renzi lo farei immediatamente addetto stampa e comunicazione, magari assieme al fidato Giorgio Gori.
Ma Matteo Renzi non potrebbe mai essere addetto alla comunicazione di questo partito che, per come é fatto adesso, ancora non offre grandi spazi per quelle persone che non appartengono alla vecchia guardia del PCI. E’ proprio per questa ragione, probabilmente, che Renzi é particolarmente osteggiato all’interno del suo partito, come scriveva Stefano Menichini già qualche tempo fa.
Perché, per le cose dette alla Leopolda, al sindaco di Firenze sono state mosse dall’interno del Pd accuse di destrismo, neoliberismo, reaganismo e berlusconismo che non ci si sarebbe mai sognati di muovere a Walter Veltroni? Badate, so bene che il primo segretario democratico è guardato da molti nel suo partito con antipatia e dispetto paragonabili a quelli che si provano ora per Renzi. Trovo però clamoroso che si pensi di poter scagliare contro Renzi un armamentario polemico che contro Veltroni veniva al massimo sfiorato.
Eppure, per molti aspetti, il Lingotto veltroniano rappresentò rispetto alla linea tradizionale della sinistra una rottura di continuità ancora più netta della Leopolda renziana. Allora perché? L’unica risposta che trovo è la più inquietante. La più densa di presagi funesti, non per Renzi ma per il futuro del Pd. È una risposta che svela la insincerità delle accuse “politiche” a Renzi di volere cose di destra, accuse che del resto non reggono alla prima verifica del lungo elenco dei suoi cento proponimenti programmatici.
A Renzi si può dire che è come Reagan, Thatcher e Berlusconi messi insieme perché lo si può trattare da oggetto estraneo. Estraneo non al Pd, ma al Pci. Veltroni, per quanto male lo si consideri, è uno di famiglia, una famiglia dove una destra c’è sempre stata ed è sempre stata tollerata. Renzi no. A Renzi si possono tirare pomodorate ideologiche, e desiderarne fortemente l’espulsione, perché è un abusivo. Un ospite in casa propria che non si comporta secondo le regole di famiglia.
Credo che quest’astio, mosso da una paura profonda di quella che Renzi chiama ‘rottamazione’ e io chiamerei un legittimo ‘ricambio generazionale’, sia in sé un segnale piuttosto positivo. Personalmente, infatti, trovo che la classe politica cui Menichini fa riferimento, sia scoraggiante nel suo attaccamento estremo al ruolo che ha ricoperto – in maniera peraltro piuttosto fallimentare, giudicando dal numero di elezioni effettivamente vinte – per oltre due decadi. Trovo inoltre inopportuni gli strali di D’Alema, Fassina e tutti gli altri. E trovo assolutamente insopportabili i giochetti per assicurarsi che alle primarie votino soprattutto i propri fedeli (vedi: introduzione di varianti importanti rispetto ai regolamenti usati in passato, quali il doppio turno, l’obbligo per gli elettori di registrarsi in un luogo diverso dal seggio e di farlo entro il primo turno se vogliono votare al secondo). Proprio queste ultime misure, ridicole e irritanti, provocano in me l’effetto opposto a quello sperato e mi incoraggeranno non solo a votare alle primarie, ma anche a votare per un candidato del quale fatico a fidarmi.
Ragioni di maggior sostanza.
“Vedo una contraddizione insanabile nella posizione assunta dal nostro Segretario generale, Pierluigi Bersani, che per un verso dice di voler fare propria la strategia europea delineata da Mario Monti, ma nel contempo indica come “alleato prioritario” per la prossima legislatura il partito guidato da Nichi Vendola, che qualifica apertamente quella stessa strategia come “la rovina dell’Italia”. Vedo una contraddizione insanabile nel dire che facciamo integralmente nostri gli impegni assunti dall’Italia in funzione della propria scommessa europea, e nel contempo affermare – come ha fatto sul Foglio di martedì scorso il Responsabile nazionale dell’Economia del Pd Stefano Fassina – che occorre “rottamare l’Agenda Monti”, in quanto ispirata a idee sbagliate e perniciose. Vedo anche un incredibile errore politico nell’asserragliarci nelle ridotte della vecchia sinistra proprio nel momento in cui il disfacimento del PdL ci aprirebbe – come osserva giustamente Giorgio Tonini – praterie sconfinate verso il centro dello schieramento.
Questo, viceversa, è il motivo per cui credo che dobbiamo appoggiare la candidatura alle primarie di Matteo Renzi: perché la linea che Renzi propone per il Pd e per la coalizione di centrosinistra è oggi la più coerente con la ragion d’essere originaria dello stesso Pd, la più coerente con la strategia europea dell’Italia delineata da Mario Monti e al tempo stesso la più coerente con l’obiettivo di conquistare al centrosinistra gli elettori delusi dal centrodestra”.
http://www.pietroichino.it/?p=23501
Grazie a Tommaso per la segnalazione.
Post interessante. Sostanzialmente condivido molti punti. Soprattuto mi fa piacere che tu stia prendendo in considerzione l’opzione “vediamo l’effetto che fa”, ovvero vediamo che succede scombinando le biglie e rischiando un po’ a forza di aprire le operazioni sulla selezione delle candidature.
Non condivido una tua preoccupazione centrale. Affermi:
“In questi due elementi, nella personificazione e nell’iper-semplificazione del messaggio, trovo che Renzi ricalchi l’approccio alla comunicazione politica del triste modello Berlusconi. Ecco perché non mi fido.”
Io trovo che questi due aspetti siano proprieta’ caratterizzanti delle democrazie mature. Questo non implica che la politica (poltiics, diresti tu) si riduca ad opzioni ipersemplificate.
La caratteristica vantaggiosa delle opzioni personali e semplificate e’ che possono mobilitare gruppi di consenso rilevanti nella popolazione generale, in tempi relativamente brevi ed a costi relativamente contenuti. Le opzioni personali ed ipersemplificate sono gli strumenti con i quali attori parlamentari o organizativi (partiti e gruppi di interesse) gestiscono il conflitto di fronte all’opinione pubblica. Un circuito di questo tipo lascia sempre una via aperta (almeno formale) a opzioni personali ed ipersemplificate provenienti da nuovi attori.
Avanzare opzioni “complesse” al fine di attivare una nuova opzione elettorale avrebbe costi proibitivi. Per quel genere di operazioni e’ piu’ opportuno operare come un gruppo di pressione orientato a conseguire specific obiettivi nel lungo periodo, che ha come target non (primariamente) la conta elettorale della popolazione generale.
Condivido pienamente un punto :le cariatidi all’interno del PD,non possono dare spazio a chi,nel PD stesso,non ha vissuto la storia del passato.Una cosa e’ vedere D’Alema in trincea a combattere per l’ennesima poltona da difendere,e un’altra e’ vedere il Renzi dolce stil novo a confrontarsi per un posto nell’area comunista.Poi spicca evidente come il sindaco fiorentino non sia un comunista vero,piu’ che altro mi sembra un paninaro anni ottanta….e i pdini vecchi metallari punk a usare le catene…ciao.
Grazie a entrambi per i commenti.
Sul punto che sollevi tu Giacomo non sono interamente d’accordo. La mia sensazione e’ che Renzi faccia abilmente marketing. Le sue idee politiche non anticipano le sensazione del pubblico: le seguono. Per questo, e’ impossibile trovare nodi problematici nei suoi interventi: anche a Trento, Renzi ha accuratamente evitato i temi più controversi e ha parlato di questioni nazional-popolari sulle quali e’ praticamente impossibile dire qualcosa di diverso da quello che ha detto lui (ie. tagli alla politica, tagli agli sprechi, investimenti sulle infrastrutture, investimenti sulla scuola).
Un buon politico deve saper anticipare il pubblico attraverso il suo intuito; e deve saper convincere attraverso il carisma. In Renzi mi pare che questi due aspetti siano lacunosi. L’intuito e’ sostituito da una semplificazione del messaggio, mentre il carisma e’ soppiantato dalla personificazione.
[…] nei teatri e in televisione. Alla fine ho fatto la mia scelta, che peraltro ho già argomentato qui e qui. Vorrei comunque aggiungere tre punti chiave, perché non capisco l’incapacità di […]
[…] o l’altro candidato. Alla fine ho fatto la mia scelta, che peraltro ho già argomentato qui e qui. Vorrei comunque aggiungere tre punti chiave, perché non capisco l’incapacità di […]
[…] per varie ragioni. Prima, la spocchia, l’antipatia e l’arroganza del suo segretario (lo dico da sempre, eh, mica da quando ha iniziato a perdere) e di alcuni personaggi abietti che popolano il partito […]